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Lettera aperta al Team Principal di McLaren Andrea Stella

(AutoSprint – Mario Donnini) Verrebbe da dirti bravo e complimenti, Andrea Stella, per l’iride vinto da Team Principal McLaren, e invece no, non basta, sarebbe poco. Dal Paese della Ferrari e dal tifo acceso, stavolta ti prendi anche un immenso grazie.

Grazie, Andrea, perché sei nato a Orvieto e la prima squadra in cui hai militato non è mica Rossa o Orange, ma è la “Federico Mosconi” di Sferracavallo, frazione ai piedi della rupe. Nato da papà Tonino, elettricista, e mamma Silvana, fioraia.

Magari se te la cavi con l’ibrido e adesso tutto ti sembra la vie en rose, era destino dalla nascita, ma anche no. Uno che sale alla ribalta nelle prime ombre della sera di Abu Dhabi sembrerebbe aver avverato un sogno, anche se a dirla tutta il primo tutto tuo da bimbo non era mica far vincere la McLaren, ma guidare la ruspa o diventar medico.

Be’, a pensarci bene, la prima McLaren di quando sei diventato Team Principal andava più o meno come un mezzo attrezzato da movimento terra e sotto la tua spinta la squadra ha chiuso con le ruspe, per riaprire con le macchine vincenti. Vedi la MCL60 versione definitiva, la monoposto della rimonta più incredibile della F.1 contemporanea, di metà 2023. E grazie anche di questo, perché il tuo ottimismo nel disastro iniziale – peraltro non certo causato da te -, a rileggerlo adesso sembra il sorriso del medico taumaturgo sicuro che il miracolo è possibile, ma ne è conscio solo lui.

Grazie ancora, Andrea, perché ti sei appassionato alle corse partendo da ragazzo dalla gara di casa, la cronoscalata della Castellana, nei magici Anni ’80 quando un umbro – e te lo dico perché c’ero -, poteva emozionarsi per Fattorini Sr, Pelorosso o Canneori quasi fossero Ayrton Senna.

Le Cinquecento. Al tempo a te non facevano impazzire né le McLaren né le Ferrari, ma diventavi matto a vedere quelle coccinelle elaborate e impazzite che ruggivano cercando la cima della scalata. Non v’è inizio più etnico, genuino, commovente e puro del tuo, Andrea, diviso dal miraggio del calcio, con tuo fratello Alessandro, di cinque anni più giovane, che macinava avvenire, da capitano della “Berretti” e degli allievi della Ternana.

Ma tu, che pure giocavi bene e segnavi spesso, passavi più tempo in stampelle che in campo, spesso infortunato e mai fortunato ed è allora che, spulciando i curriculum dei tecnici in auge nei Gp,  scopri che quasi tutti quelli tosti hanno la laurea in ingeneria aerospaziale.

Andata. Basta calcio e infermerie, ciao liceo scientifico e sì all’università della Sapienza, a Roma.

Da lì la tua vita sembra un film che da super 8 diventa cinepresa, con immagini non più tremolanti e seppiate ma ben definite, autoriali, sempre più premianti e gloriose, virate al Rosso Ferrari, dove entri nel test team in chiave 2000, l’anno più fortunato dell’era Schumi.

A Maranello diventi l’uomo che lavora a stretto contatto in sequenza con Michael, Kimi Raikkonen e Fernando Alonso e, già che ci sei, pure con Vale Rossi, nel quasi-passaggio più invocato e infuocato di sempre, restato pensiero stupendo.

In Ferrari diventi l’ombra nobile e rassicurante di Alonso, col quale stabilisci un rapporto meraviglioso, laddove stima e amicizia restano nei giorni belli e in quelli brutti.

Tanti diranno che l’incubo di Abu Dhabi 2010 per te è diventato rimozione liberatoria, tre lustri dopo, domenica scorsa, stessa spiaggia stesso mare, e hanno ragione. Ma una delle cose più belle e preziose è notare quanto Fernando ti voglia bene pure oggi, come ti stimi  e sia strafelice per te, ora che i vostri primi abbracci sono ormai lontani. Grazie anche, e stavolta dico a tutti e due, per aver dimostrato che anche in F.1 l’amicizia vera può continuare,  al di là di squadre, cicli e decadi.

Adesso tutti a incuriosirsi di te e a cercare di carpirti la frase della vita, attorno cui costruire un aforisma, un personaggio. Eppure sei uno lindo e sereno, sopra il pelo dell’acqua, galantuomo poco appariscente, – very family man con la moglie Michela e i figli Edoardo e Federico -, ma terribilmente fattivo, sotto il livello di galleggiamento.

Dovessi estrapolare il pensiero più bello e importante della tua vita, andrei a dodici anni fa, verso l’ultima parte del mandato con Alonso in Ferrari, quando ti fecero un’oscura intervista in un tutorial per matricole universitarie. Tu lì eri l’arrivato, lo Stella che poteva essere star, e invece no.

Te ne uscisti con una delle frasi più belle che uno realizzato e felice può regalare a chi uomo deve ancora diventare, cioè questa: «Ricordate: mai lodarsi. Mai fermarsi nella contemplazione di voi stessi. Pensare di avercela fatta, vuol dire essere già all’inizio del declino». Senti che botta?

Poi arriva la McLaren. Dopo quindici anni di Rossa. Sempre al seguito di Alonso, ma poi in proprio: Performance Director, quindi Racing Director e Team Principal, a inizio 2023.

Il resto è cronaca che diventa storia, in diretta. Anni fa confessasti che l’immagine più bella della tua esistenza sportiva è il podio di Valencia 2012, dove Fernando, vincente in Rosso dopo la remuntada, ti vuole per far festa. Lì sei immortalato con lui, Schumi e Raikkonen, i tre campioni della tua prima vita. Tre grandi e un ingegnere.

Adesso è semplicemente tempo di aggiornare la didascalia.

Ora sono quattro, i grandi, il più capace dei quali a gestire F.1 iniziò sognando di guidare ruspe e truccare Cinquecento.

Sai che c’è? In un mondo che mangia tutto e certe volte è fatto umanamente di niente, la tua vittoria è in realtà una meravigliosa lezione di vita.

Thanx a lot, Andrea.

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2 Comments

  • Carlo Pedichini

    Non ho avuto la fortuna di conoscere questo splendido uomo , ingegnere eccezionale, e da Orvietano doc trasferito in Lucchesia e malato di Formula 1porgo i miei più sentiti complimenti e sempre ” ad majora”

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