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Solo per numeri 1. Intervista a Claudio La Vecchia

Enrico Sganappa, classe 1999, è il portiere dell’Orvietana Calcio. È stato nostro ospite qualche settimana fa a Il Salotto, punto settimanale di approfondimento sportivo, e lì ci ha raccontato di come sia recente la sua carriera da estremo difensore. Fino a pochissimi anni fa, infatti, giocava nel ruolo di terzino destro.
Dopo la prestazione maiuscola di domenica scorsa contro il Petrignano – i tre punti dell’Orvietana sono dovuti essenzialmente alle sue parate – unita ad altre eccellenti prestazioni durante questo campionato di Eccellenza, e notando una crescita esponenziale rispetto allo scorso anno, quando sostituì, nel campionato di Promozione, per qualche giornata l’indisponibile portiere titolare Riccardo Perquoti, siamo corsi a sentire il suo preparatore, per cercare di capire se ci fosse un segreto.
Tutta farina del suo sacco. Il ragazzo si applica, ha talento, ha il phisique du rôle.
Bene. Il discorso, tuttavia, mi non mi convince completamente. Se fosse solo questo, se bastasse, cioè, impegno, talento e doti fisiche, nessuno avrebbe bisogno di un allenatore o di un preparatore.
Il fatto è che con i ragazzi bisogna avere pazienza e non valutarli al primo impatto. Il lavoro viene fatto e viene fatto da parte di tutto lo staff, non solo del preparatore.”
Ecco, quindi c’è un lavoro dietro questa crescita repentina. Abbiamo avuto la possibilità di vederlo lo scorso anno. Adesso sembra un altro giocatore.
Sì, è vero. Ha lavorato molto, non si è demoralizzato quando la società ha preso un altro portiere non di Orvieto, ha avuto le sue chances e lui si è fatto trovare pronto. È un ’99, quindi gli errori li commette e li commetterà. La crescita che ha avuto non è solo tecnica ma anche mentale e, essendo giovane, ha ancora ampi spazi di miglioramento. È un bravissimo ragazzo dentro e fuori dal campo, conosce perfettamente i suoi limiti e quindi sta bene attento a non strafare. Sicuramente ha stupito tutti, perché sta facendo un campionato al di sopra di tutte le aspettative. Merito suo, di tutti i compagni di squadra e dello staff che lo ha messo nella condizione di rendere al meglio.”
Hai un tuo metodo di allenamento particolare?
In primis, tengo le distanze dai giocatori. Ognuno ha il suo ruolo. In secondo luogo, mi relaziono con tutti in maniera identica; non esistono figli e figliastri. Si allenano insieme i portieri della prima squadra e quelli della Juniores e sono trattati tutti nello stesso modo. Speriamo per loro che, nella loro carriera, non avranno solo noi come allenatori, quindi più marcata è la differenza di ruolo dagli allenatori e meglio riusciranno anche con altre persone. Se si tengono nella bambagia, coccolati, protetti, appena vanno fuori vanno in confusione alla prima difficoltà e non rendono. Poi, con il nostro staff i portieri non sono soli. Vivono la vita della squadra. Succede spesso che i portieri facciano il loro allenamento e si uniscano ai compagni solo gli ultimi minuti della seduta. Con noi questo non succede. I portieri vivono in simbiosi con gli altri. Ed è un momento di crescita per tutti. Crescono insieme alla squadra, perché poi la domenica mica giocano con me; giocano con i compagni. In questi cinque anni che sono con Riccardo Fatone e con Elia Falsaperna, sono cresciuto tanto anch’io. Tra noi c’è osmosi, non ci sono diatribe o ruggini, così, quando i giocatori vedono uno staff unito, capiscono che si devono comportare in un certo modo.”
Pensi che qualcuno possa mettergli gli occhi addosso?
“Lo spero per lui. Adesso è convocato nella Rappresentativa Regionale, insieme ad altri due portieri, e si sta giocando la possibilità di partecipare al Torneo delle Regioni, quindi il percorso intrapreso è già buono.”
Quali sono i tuoi consigli per lui?
“Di non montarsi la testa, di rimanere umile. Ci vuole tanta fatica per arrivare in alto e tanto poco a precipitare. Il ruolo del portiere è un ruolo molto delicato. Quando fai la bella parata, se lo ricordano per un giorno, quando fai l’errore clamoroso se lo ricordano per sempre.”

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