Tante parole arrivano spontanee alla mia penna, mentre scrivo e ti penso. Tante parole che però, rileggendole, sembrano prive di significato, ridondanti e scontate, vuote di fronte alla tragedia che ha colpito te e la tua famiglia.
Potrei raccontare di quando ti ho conosciuto. Eri un ragazzino a cui i compagni di squadra volevano un gran bene. Non giocavi sempre, anzi spesso partivi dalla panchina. A quanto ne so, non ne hai mai fatto un dramma. Aspettavi paziente il tuo turno e poi entravi e spesso spaccavi la partita.
Il babbo era lì, paziente come te. Ti accompagnava al campo, ti scarrozzava nelle trasferte e non si perdeva mai un match.
Erano bei giorni quelli. Giorni spensierati ed entusiasmanti. Non eravate i più bravi e neanche i più diligenti. Nemmeno i più belli, anzi. Spesso indossavate divise vecchie e troppo grandi per voi.
E allora che cosa avevate di così speciale tanto da riuscire a vincere un campionato Allievi sotto età? Eravate una cosa sola e io l’ho capito dopo un po’, una sera alla cena di Natale, quando vi stringevate l’uno all’altro dietro una torta illuminata da spruzzi scintillanti per fare le foto.
Tu, con la maglia numero 11 in campo, ma spesso anche con la 16 o la 17, faceva lo stesso. Un underdog, si potrebbe dire. Che però, quando il piede toccava l’erba, riusciva a farci gridare tutti.
“Vai Nico!” “Daje Nico’!” “Bravo Nicola!”
E tu quella fiducia e quell’entusiasmo li hai sempre ripagati.
Potrei raccontare di quei giorni belli, di un pic nic improvvisato nel primo sole di aprile, quando il sipario sull’ultima giornata di campionato era ormai calato e non era più così freddo tanto da poter festeggiare fuori, in un posto di cui non ricordo nemmeno il nome.Le risate sì, quelle me le ricordo bene; i vostri occhi scintillanti di felicità e quelli dei vostri genitori colmi di orgoglio.
Potrei raccontare di come la notizia della tua partenza per questo lungo viaggio mi abbia colto incredula e attonita; potrei raccontare che non ho ancora imparato come la natura non sempre segua il suo corso e che può essere spietata. Spietata con te e con una madre a cui nega d’ora in poi un abbraccio caldo, a cui nega lo sfiorare con le labbra una guancia ruvida di barba. Spietata con te e con un padre a cui nega la gioia di vedere il proprio figlio diventare uomo, di vedere i suoi primi capelli bianchi. Spietata con te e con un fratello a cui nega la gioia della complicità e del sostegno che solo tra persone con lo stesso sangue si può dare e ricevere.
“Verità e rispetto”, hanno scritto gli Squilibrati della Curva Nord di Baschi. E poi “Giustizia per Nicola.”
E, a questo punto del tuo cammino, sono tutto ciò che conta.
Non ti vedevo da tempo. Ti ho lasciato poco più che adolescente e tu nel frattempo ti stavi trasformando in un giovane uomo.
Di fronte alla morte, non resta che rimanere in silenzio e, per chi crede, pregare.
Voglio immaginarti ormai giunto alla tua destinazione, in una dimensione diversa da quella umana, in un luogo dove sorriderai e sarai giovane per sempre.
Commenti
Powered by Facebook Comments