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Shadow

Anche Orvieto ha il suo piccolo gruppo ultras

foto Emanuele Ubaldi

Si sono organizzati tra di loro, in silenzio. Qualche fumogeno, un paio di bandiere bianche e rosse un megafono e un tamburo presi in prestito.

Un passaparola frettoloso, alla vigilia di Orvietana – Seravezza, una sorta di prova generale per vedere l’effetto che fa una tifoseria organizzata al Muzi.

Hanno scelto l’angolo più estremo della tribuna dello stadio, addirittura scoperta, e hanno incitato l’Orvietana dall’inizio alla fine.

Sono una ventina di ragazzi orvietani, appassionati di calcio, che hanno deciso di costituire a sostegno della squadra della propria città una tifoseria in piena regola.

foto Rebecca Animobono

E, mi viene da dire, era anche ora. Anzi, l’ora era già passata.

Per decenni gli spalti del Muzi sono stati popolati di persone (in alcune stagioni anche poche) che accompagnavano la gara con suoni gutturali incomprensibili, somiglianti più a lamenti e borbottii che a un vero e proprio incitamento alla squadra.

Qualche volta, il timido coro “USO! USO!” si levava, ma unicamente in situazioni di particolare pathos. Per il resto zero carbonella, come si dice da queste parti.

Quest’anno, nella stagione che pare iniziata senza troppi patimenti, sembra che anche questo vento stia iniziando a cambiare.

Le foto ufficiali dell’Orvietana di Rebecca Animobono e anche quelle scattate dal fotografo Emanuele Ubaldi, e pubblicate sulla sua pagina Facebook Emanuele Ubaldi Foto Sport, raccontano di una tifoseria che appare proprio autentica, colorata, allegra, come ogni stadio dovrebbe avere.

foto di Emanuele Ubaldi

C’è stato un tempo, tanti anni fa, in cui chi vi scrive ha conosciuto molto da vicino il mondo ultras, quello vero, quello che passa tutta la settimana a preparare la partita della settimana successiva, quello dei treni speciali, dei cortei colorati in ingresso allo stadio, dei confronti duri con i vertici societari quando le cose non andavano come sperato, delle sveglie all’alba per le trasferte e delle notti insonni per il rientro. Gli ultras vivono l’uno per l’altro e tutti per la squadra. Non esiste un ritratto univoco dell’ultra. Può essere un frate o una prostituta, un padre di famiglia o un bambino, uno studente o un operaio, così come un colletto bianco che passa la vita in giacca e cravatta, tranne la domenica.

Certo, a Orvieto il gruppetto è ancora sparuto, ma l’auspicio è che il loro entusiasmo sia così duraturo e coinvolgente da contagiare altri appassionati che possano unirsi a loro. Pian piano, con il tempo, potrebbero organizzarsi per le trasferte e anche presentarsi ufficialmente alla dirigenza per incassare il suo sostegno.

Orvietosport, con il cuore sempre vicino al tifo organizzato, li seguirà da vicino. Stay tuned!

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