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Dentro ai dilettanti. Piccolo viaggio all’interno delle società alle prese con il COVID

L’ultimo DPCM, come noto, ha interrotto gli sport di contatto praticati a livello amatoriale ma ha salvato, almeno per ora, tutti gli sport che vengono fatti all’interno di società sportive dilettanti, che utilizzano i protocolli di sicurezza nazionali, adottati dalle rispettive federazioni.

Questa è, in breve, la motivazione con la quale si proseguono le varie attività in cui i ragazzi si cimentano quotidianamente. Sì, ma cosa significa adottare i protocolli emanati dalle federazioni? Cosa succede nel concreto? Come funziona l’organizzazione? Abbiamo, a questo proposito, provato a sentire i dirigenti di due società sportive; una che pratica sport al chiuso – volley – e una che pratica sport all’aperto – calcio – e che sono, rispettivamente, la Pallavolo AZ Zambelli e l‘Orvieto FC.

“Il Ministero dello Sport ha dato delle linee generali che poi la Federazione ha ribaltato sulle società sportive”, ci racconta Marco Gerenich, vice presidente della Zambelli. “Le ragazze si presentano all’ingresso del Palapapini con la mascherina. Il Covid Manager Pino Iannuzzi (figura dirigenziale deputata all’applicazione del protocollo di sicurezza ndr) rileva la temperatura a ognuna; hanno delle panchine a loro riservate dove cambiano le scarpe prima di entrare in campo. Gli spogliatoi sono utilizzabili solo per usufruire dei bagni; non c’è la possibilità né di cambiarsi né di fare la doccia. In tutto ciò, abbiamo un piccolo vantaggio: utilizzando un impianto gestito da ENARS (Ente Nazionale Ricreazione Sociale ndr), è l’ENARS stessa che si fa carico di sanificare tutte le palestre che gestisce, con la relativa assunzione di responsabilità. Le bambine sono invitate ad evitare tutti quei comportamenti che, mentre si fa l’attività, possono essere veicolo di contagio, come gli abbracci, lo scambio delle borracce. Ho personalmente verificato che in questo le nostre ragazze sono molto disciplinate. L’attività per ora procede bene. La raccomandazione principale che facciamo alle famiglie è quella di tenere a casa le atlete se non stanno perfettamente bene. Con il raffreddore è meglio saltare un allenamento che rischiare, secondo regole di buon senso che consentono di andare avanti con la tranquillità di tutti.”

All’Orvieto FC, invece, hanno cominciato a riutilizzare gli spogliatoi solo in epoca recente. Egisto Seghetta, il responsabile tecnico, ci evidenzia come, fino alla fine dello scorso mese di settembre, la società aveva imposto a tutti il divieto assoluto di entrarvi. “Poi ci siamo resi conto che il DPCM del 17 settembre permetteva un allentamento. A quel punto, un po’ ci siamo fatti coraggio, un po’ ci siamo appoggiati sulle normative per cercare di garantire a tutti l’accesso a docce e spogliatoi che sono servizi fondamentali quando si fa attività sportiva.” Una grande attenzione viene prestata a tutte le attività di sanificazione. “Quella è a carico nostro” dice Seghetta. “Abbiamo partecipato ad un bando regionale, che abbiamo anche vinto, il quale prevedeva una elargizione di denaro a fondo perduto, una sorta di piccolo fondo di solidarietà per le società sportive, per aiutarle nel rispetto delle regole. Tutte le mattine, sia nell’impianto dell’Oasi che al campo sportivo, i custodi provvedono alla sanificazione degli ambienti comuni e di tutti i materiali che vengono utilizzati. Per comodità, abbiamo deciso di utilizzare un numero minore di palloni, cinesini, coni e aste e cerchiamo di intervallare i gruppi, in modo che il ridotto numero di materiali può essere utilizzato da quattro/cinque gruppi. Naturalmente, tra un gruppo e l’altro, tutti i materiali vengono sanificati e il fatto che siano di meno ci consente di espletare questa attività in un lasso di tempo più breve, circa 15 minuti. Abbiamo inoltre sempre due o tre persone che si occupano della misurazione della febbre e della gestione delle autocertificazioni, che gli atleti devono presentare ogni quattordici giorni. Teniamo un registro dove facciamo confluire tutte le informazioni relative alle singole presenze, con divieto assoluto di ingresso a chi non è tesserato; l’unica eccezione è riservata ai genitori che devono recarsi in segreteria. Abbiamo abolito completamente le bottiglie d’acqua da dare ai ragazzi; esiste la cara vecchia fontanella che viene utilizzata esclusivamente per riempire le loro borracce. In tutto ciò i genitori sono molto presenti: ci hanno fatto notare piccoli accorgimenti che sono serviti per migliorarci. Facciamo del nostro meglio per poter stare tutti tranquilli, in primis noi delegati  e soprattutto il Presidente, che è il primo sul quale ricadrebbero eventuali responsabilità penali. In un gesto di solidarietà tra noi dirigenti, abbiamo voluto essere tutti indicati come Delegati Addetti al Protocollo (DAP), in modo che, nella malaugurata ipotesi dovesse succedere qualcosa, saremo tutti responsabili in egual misura. Insomma, si prova, nei limiti del possibile, ad andare avanti come se tutto fosse normale.”

Già, la normalità. Chissà quando riusciremo a riaverla indietro. Nel momento in cui scriviamo – sono le ore 10,15 di sabato 17 ottobre – la situazione è ancora ferma all’ultimo DPCM del 7 ottobre scorso, ma già trapelano indiscrezioni relative ad un nuovo decreto che dovrebbe introdurre misure ancor più restrittive, con una sospensione delle attività anche per i dilettanti. La Lombardia, nella serata di ieri, del resto ha già anticipato il Governo, imponendo uno stop a tutte le competizioni; la prosecuzione degli allenamenti è consentita, ad eccezione dei settori giovanili, che devono invece fermarsi completamente.

Domani inizia in Umbria – unica Regione ancora ferma – il campionato di calcio di Eccellenza a girone unico; domenica 25 ottobre dovrebbe toccare alla Promozione e alla Prima, entrambe suddivise in gironi più ridotti rispetto al passato. Ma su tutto incombe come una nuvola bigia lo spettro del prossimo DPCM e di una possibile ordinanza regionale, che potrebbero di nuovo mutare gli scenari.

 

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