Laziale fino al midollo, tanto da tatuarsi un’aquila sulla spalla, è cresciuta nel mito di Beppe Signori e ha trasmesso la passione per il calcio anche al secondo figlio, Loris. Ma dopo una vita trascorsa a fare gol, non poteva restare troppo tempo lontano dai campi di gioco. E ora, che di anni ne ha 33, Nadia da alcuni mesi è stata chiamata dalla Romeo Menti a seguire la squadra dei “pulcini” diventando così la prima mamma-allenatrice (mamma perché nella squadra gioca anche suo figlio) «del comprensorio Orvietano sicuramente, ma forse anche dell’Umbria, invece nel nord Italia so che ci sono diverse ragazze che allenano le squadre maschili», spiega lei. E la mente corre al 1999, quando quel guascone di Luciano Gaucci ingaggiò Carolina Morace come tecnico della Viterbese che allora militava in C1. Esperienza che finì dopo poche giornate, con l’esonero della stessa Morace.
«Ma io non penso di certo a una carriera da allenatrice – racconta la Mengarelli -, a dire il vero nemmeno volevo accettare la proposta dei dirigenti, anche se devo ammettere che adesso mi sta dando grandi soddisfazioni».
Ecco, come è nata l’idea di affidarle la squadra dei “pulcini”?
«Da quando Loris, mio figlio, ha iniziato a giocare a calcio, ho ricominciato a frequentare il campo sportivo e già lo scorso anno davo una mano all’allenatore. Quest’anno la squadra dei “pulcini” aveva bisogno di un nuovo tecnico e così i dirigenti mi hanno chiesto se fossi stata disponibile. All’inizio non ero molto convinta per tante ragioni».
Quali?
«Intanto perché dovevo essere l’allenatrice di mio figlio e temevo una reazione non buona di Loris, poi temevo che saltassero fuori dei pregiudizi sul fatto che sono una donna. Infine, ad essere sincera, avevo timore anche che si potessero innescare delle divergenze con i genitori dei bimbi, che per altro sono tutti miei amici».
Invece?
«Invece, fino ad ora si è rivelata un’esperienza bellissima. Ho dodici bambini che hanno un’età compresa tra i 7 e i 10 anni, mi seguono molto. Per loro avere un mister donna è la cosa più normale del mondo e a volte mi fanno tanta tenerezza. Come ad esempio quando decido di partecipare alle partitelle degli allenamenti pure io, tutti voglio giocare con me. E anche con le mamme e i papà il rapporto è buonissimo».
Ma in campo è più mamma o allenatrice?
«Il cuore di mamma e non parlo solo per mio figlio, spesso prende il sopravvento. Sa, sono così piccolini. Anche se in alcune cose sono molto ferma, su tutte pretendo che i miei piccoli campioni siano soprattutto dei bambini educati».
Trova differenze tra i ragazzini di oggi e quelli di vent’anni fa, quando giocava lei?
«Quelli di oggi credo che siano molto più condizionati dalla televisione, spesso si vedono delle scene incredibili, esultanze che ricordano i grandi campioni. Fortunatamente i miei giocatori non hanno particolari eccessi, anche perché vieto certi atteggiamenti. Ripeto: il rispetto e l’educazione valgono più di cento vittorie».
A proposito, sotto il profilo sportivo come va?
«Su sette gare ne abbiamo vinte due e perse le altre, ma abbiamo l’attenuante che la nostra squadra è composta da tutti bimbi più piccoli di età rispetto alle altre del campionato».
Sotto il profilo tecnico quale è l’aspetto che cura di più?
«La coordinazione, a questa età e complice anche la vita sedentaria che i figli di oggi fanno, hanno bisogno di trovare il giusto coordinamento dei movimenti e su questo mi documento e lavoro molto».
Pensa che in squadra possa avere il Messi o il Ronaldo di domani?
«Penso che in squadra ho dodici bambini fantastici. Se saranno un domani i nuovi Messi a me non importa nulla, io spero, a cominciare da mio figlio, che un domani siano persone sane ed equilibrate. Per me dovranno diventare campioni nella vita. Se poi lo diventeranno anche nel calcio, allora buon per loro».
Lei è stata sempre un goleador, suo figlio dove gioca invece?
«In difesa».
È bravo come lo era la mamma?
Ride e se la cava con una battuta. «Spero che abbia ripreso da me, se dovesse somigliare al padre, calcisticamente parlando, sarebbe una schiappa».
Per la cronaca. Andrea, il papà di Loris, ha militato nelle giovanili della Romeo Menti. «E di certo non sono stati anni indimenticabili», parola di moglie.
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