Riparte la stagione e ritorna la collaborazione con Nicola Mencarelli autore della nuova rubrica Fuoricasa. Il solito mix di divagazioni, riflessioni, critiche, spunti ironici, statistiche, analisi sullo sport orvietano e non solo.
1. Fuoricasa #0 – Stagione nuova, rubrica nuova
Il titolo, volutamente tutto attaccato, mantiene la parola fuori dalla precedente Offside, in italiano fuorigioco, sostituendo il finale.
Matematicamente parlando, cambiando gioco con casa il risultato della rubrica non cambia.
Perchè fuoricasa? Il primo motivo è geografico, vista la distanza tra chi scrive e chi legge, il secondo propriamente sportivo.
Il peso di un risultato fuoricasa è sempre maggiore, salvo rari casi, rispetto a quelli interni.
Fuoricasa è più difficile, da sempre, per chi sta in campo e deve subito adattarsi a nuovi fattori ambientali. Quali fattori? La luce, i suoni, i riferimenti visivi, le vibrazioni del terreno o del Palasport sono totalmente diversi rispetto alle abitudini conosciute e consolidate dopo mesi di partite e allenamenti nello stesso posto. Fuoricasa si devono stimolare tutti i sensi per entrare subito in sintonia con un nuovo ecosistema sportivo.
Una sensazione che chiunque abbia praticato sport agonistico a qualsiasi livello conosce benissimo.
Si comincia con lo spogliatoio dove il posto fisso e i piccoli riti scaramantici difficilmente possono essere riprodotti con la cura di sempre, fino al fischio finale quando, a prescindere dal risultato, la mente pensa: “Domenica si torna a casa, sarà tutta un’altra storia!”.
Chi sta fuori, per gli stessi motivi, cerca la posizione migliore per godersi il match, simile a quella in casa, pur sapendo che non sarà mai la stessa, cominciando a lavorare con il cellulare per aggiornare chi non c’è.
Una cosa, semplice ma naturale, unisce idealmente chi corre, suda e lotta in campo con chi tifa e soffre in tribuna ed è la stessa che uno sente quando sta lontano, non solo sportivamente, da un posto che conosce molto molto bene. C’è chi la definisce appartenenza, chi attaccamento e chi orgoglio.
Chiamatela come volete, l’importante è la sua presenza in campo. Sempre.
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