Tre stagioni nelle giovanili dell’Orvietana, due da vice di Danilo Porcari e una da primo dei Giovanissimi Regionali, 23 anni e tanta voglia di intraprendere, proseguendo gli studi, la carriera da mister. Alessandro Torroni racconta i primi passi come collaboratore tecnico categoria Giovanissimi Professionisti del Siena, ragazzi nati nel 1999, dove, da inizio stagione, assapora l’atmosfera del calcio dei grandi.
Quando e come è nata questa avventura nel Siena?
A Luglio ho avuto la possibilità di poter entrare a far parte del Siena, il tutto facilitato anche dalla sede scelta per proseguire gli studi. Ho collaborato già 2 anni fa come osservatore, ho conosciuto il responsabile del settore giovanile, mi hanno seguito nell’esperienza da primo allenatore e ora eccomi qua. Penso che l’età abbia influito tanto, non ce ne sono molti in giro a 23 anni che hanno fatto bene e rischiato di vincere subito il campionato. Credo abbia fatto la differenza. I miei ragazzi, l’anno scorso, sono cresciuti in maniera esponenziale in 10 mesi. Ora lo ammetto: abbiamo sempre proposto un gran bel calcio, la squadra era di qualità ma le due cose non sempre vanno a braccetto.
Di cosa ti occupi nello staff tecnico e quanto ti ha insegnato l’esperienza maturata nell’Orvietana nel rapporto con i nuovi giocatori?
Lavoro in perfetta simbiosi con l’allenatore Antonio Galasso e con il prof. Marco Coralli con i quali svolgo un lavoro a 360 gradi sulla gestione settimanale e sulla gara. In settimana dividiamo il lavoro in base alle esigenze del gruppo, in gara mi occupo dell’analisi del match elaborando statistiche individuali e collettive per poi, dopo aver raccolto i dati, impostare le sedute di allenamento. Il venerdì, da qualche settimana, collaboro anche con i 2001 e i 2002, agli ordini di Ruggero Radice, responsabile della scuola calcio e figlio d’arte. L’esperienza di Orvieto mi ha aiutato molto. Ho capito come sia difficile rapportarsi con ragazzi di 13-14 anni, sono scatole complesse da gestire a livello interpersonale e psicologico, riuscire a capire le loro sensazioni e i loro bisogni. La mia giovane età, sotto questo punto di vista, è stata un punto a favore, c’è stato un bello scambio reciproco e grazie a loro sono cresciuto come tecnico.
Il calcio italiano è in una fase di transizione, i più forti hanno lasciato la Serie A e in molti parlano di settore giovanile. Visto dall’interno su quale aspetto del gioco è opportuno puntare di più quando i ragazzi sono ancora da formare?
Questa è una domanda complessa. Per produrre giocatori pronti per le prime squadre dai propri vivai non é facile perchè serve programmazione e spesso, soprattutto a livello dilettantistico, é una parola che non esiste. Presidenti sempre decisi a spender soldi solo per le prime squadre, perché giustamente è quella la facciata, non aiutano lo sviluppo e la nascita dei cosiddetti giocatori pronti per il salto. Servono investimenti veri sui settori giovanili, dare fiducia ai tecnici preparati, programmare e avere pazienza. Pretendere subito di avere un giocatore fatto é un’utopia e noi stiamo continuando a fare i soliti errori anche in questi momenti. Il progetto settore giovanile se fatto bene porta i primi risultati minimo dopo un triennio, quello che mi dispiace è che per la maggior parte delle società rappresenta un costo e non un investimento. Su quali aspetti puntare? Bisogna ripartire dai settori giovanili con una filosofia diversa, che metta in primo piano il talento dei ragazzi e il divertimento nel giocar bene prima di pensare a tatticismi e risultati ad ogni costo. Bisogna soffermarci sul concetto di “prestazione” e non di “risultato” ma di certo la federazione in questo non aiuta. Sono previste classifiche a partire da categorie come Pulcini, dove anche li, per certi pseudoistruttori, conta sempre e solo il risultato che non favorisce la crescita dei bambini.
Quanto ti aiuta la conoscenza della città, dove prosegui gli studi, in questo particolare momento nel quale cerchi una tua dimensione anche nel calcio?
Conoscere bene Siena come città mi aiuta molto e studiare e lavorare qui con il calcio, in questo momento, é il top. Tentare la fortuna in entrambe le situazioni è il mio obiettivo. Avere i piedi in 2 staffe è importante specialmente in un periodo di crisi economica come questo dove le opportunità di lavoro sono pochissime.E’ chiaro che ritengo lo studio importantissimo, sto frequentando la specialistica in economia, mentre il calcio è una grandissima passione: vedremo cosa mi riserverà il futuro.
Tutti i giovani calciatori si ispirano a un fuoriclasse, tu quale allenatore apprezzi maggiormente?
In Italia ci sono tanti allenatori top, in questo siamo una scuola all’avanguardia. Apprezzo molto la personalità di Stramaccioni, mi piace tanto il calcio proposto da Montella e poi la maniacalità nel preparare e nel saper leggere le gare di Mourinho, lui si è il top, è uno che sbaglia di rado e probabilmente é tra i migliori tecnici al mondo negli ultimi 10 anni. Credo che per un allenatore l’importante sia avere in testa una propria idea di calcio ben precisa sulla quale lavorare giorno dopo giorno.
Per concludere passiamo ai saluti dove hai carta bianca alla voce ringraziamenti.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno condiviso con me questi 3 anni fantastici. In primis l’Orvietana come società che mi ha permesso di intraprendere la carriera da tecnico mostrando sempre enorme fiducia nei miei confronti soprattutto nelle persone di Massimo Porcari, che di fatto ha voluto il mio ingresso in società, Danilo Porcari, con cui ho condiviso 2 anni bellissimi e importantissimi come suo vice, che ha dato sempre enorme fiducia ed importanza al mio ruolo.Ringrazio Riccardo Fatone che ha sempre mostrato nei miei confronti, con la sua esperienza, aiuto e considerazione. Non posso non ringraziare mio padre che ha sempre mostrato grande appoggio e fiducia anche quando le cose non andavo bene e con lui tutta la mia famiglia. Voglio poi ringraziare Stefano Barbabella, probabilmente devo quasi tutto a lui perché mi ha scelto alla guida dei giovanissimi lo scorso anno, anche quando qualcuno come mio padre non mi riteneva ancora pronto per la gestione autonoma di un gruppo. Sia io che lui lo scorso anno eravamo 2 scommesse, ce lo dicevamo sempre e penso che la società le abbia vinte raggiungendo grandi risultati. Se sono a Siena gran parte del merito è di Stefano. Ha rischiato su un 23enne alla prime armi, ci abbiamo guadagnato entrambi. Ringrazio i miei ragazzi, mi hanno dato molto sia a livello di emozioni che a livello tecnico e non finirò mai di ringraziarli. Ho passato un anno bellissimo che rimarrà per sempre indelebile nel mio cuore. Naturalmente ringrazio i loro genitori ma non tutti perchè spesso sono la causa principale dei problemi che affliggono i settori giovanili. Non posso non salutare coloro che hanno mostrato il loro appoggio dietro le quinte, dai preparatori atletici e preparatori dei portieri, in particolare Marco Loddo, ai dirigenti, ai custodi, ai magazzinieri, al segretario per finire con gli autisti …grazie di tutto!
Ora anche forza Robur, ma sempre forza Uso!
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