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Fujikawa, il Sol Levante di Orvieto

L’attaccante ha esordito domenica: “Qui sono a casa mia“. Dal calcio a 5, agli Amatori, all’Eccellenza. E sugli spalti ha già tanti fans…

Riproponiamo l’intervista a Tomoki Fujikawa uscita sul “Giornale dell’Umbria”, martedì 16 ottobre

Intervista di Emanuele Lombradini, ha collaborato Marco Gobbino.

In principio fu Kazuyoshi “But call me Kazù” Miura, portato in Italia dallo sponsor del Genoa direttamente dai Verdy Kawasaki con l’obbligo di farlo giocare almeno sei volte perché la tv giapponese ne aveva comprato i diritti d’immagine e veniva a riprenderne le gesta. “E’un fenomeno, farà tanti gol”, dicevano quelli del Sol Levante. Di partite ne giocò 21, di gol ne fece uno solo, alla Samp, più altri tre consecutivi tutti annullati per fuorigioco. Poi venne lui. Il più grande affare mai fatto dal Perugia di Gaucci: Hidetoshi Nakata. Comprato per due soldi dal Bellmare Hiratsuka e rivenduto a peso d’oro alla Roma, con tanto di stuolo di fans al seguito, prima sugli spalti del Curi, poi in quelli dell’Olimpico, e tanti gadget personalizzati.

Tomoki Fujikawa da Osaka, classe 1989, più modestamente, è arrivato in Umbria per giocare al calcio a 5, nella Coar Orvieto sprofondata in C1 (cinque partite appena), dopo aver calcato anche i parquet della J League (la massima serie giapponese del calcetto) con le maglie di Deucao Kobe e Vasagey Oita e aver vestito anche la maglia della nazionale giovanile (8 presenze): “Ma il calcetto non mi piace, voglio giocare al calcio a undici – esordisce in un italiano stentato non troppo distante da quello degli stereotipi sui giapponesi – però anche quando sono arrivato in Italia avevo problemi col permesso di soggiorno e poi non sono famoso, chi mi avrebbe preso mai?”. Doveva finire alla Gm 10 con Riccardo Fatone, alla fine è approdato ad Orvieto. Lo accoglie per qualche mese il campionato Amatori, poi arriva la chiamata dei baincorossi di Cavalli. Domenica, per il suo esordio contro la Nestor, a seguirlo c’era il presidente del sodalizio amatori a vederlo insieme ai suoi ex compagni e lui li ha ringraziati alla sua maniera, mostrando a fine partita una maglietta celebrativa: “Loro sono la mia famiglia qui ad Orvieto – dice – usciamo sempre insieme, stiamo a cena. Ecco, mi fanno sentire a casa e questo è bellissimo, volevo in qualche modo essere riconoscente”.

Il Muzi non sarà il Curi, ma intanto domenica, sugli spalti c’era un nutrito stuolo di connazionali (paganti) venuti soltanto a tifare per lui: “Li ho visti, e mi ha fatto un gran piacere”, sorride timido Fujikawa. Il suo pianeta calcio è distante da tutto, dal calcio giapponese raccontato dai cartoni di Holly e Benji, con le partite infinite e i tornei scolastici col pubblico da serie A, ma anche dal calcio nipponico vero, tanto che quando gli si chiede chi sia il suo modello i nomi sono ben altri: “Pazzini e Pirlo, soprattutto – dice l’attaccante – ma mi piace anche Zanetti, per la sua professionalità”. E Nakata? “Lui è il più forte, ma personalmente preferisco Nagatomo: grande giocatore e grande persona, siamo anche stati a cena insieme una volta”.

Un giapponese ad Orvieto. E dove avrebbe potuto essere altrimenti? Del resto, quasi in contemporanea con Nakata, arrivò proprio sotto la Rupe il primo nipponico dei dilettanti umbri: si chiamava Yosuke Kobayashi, e nella stagione 1999-2000 giocò alcune partite in Eccellenza con l’Orvietana segnando anche all’esordio contro il Deruta. Insomma ad Orvieto, il “giallo” è di moda: tre anni fa nella Coar di calcio a 5 giocò il nazionale Yoshida Akira, quest’anno nell’Oasi (serie C1) milita l’universale Noboyuki Hasashi. Riavvolgendo il nastro dei campionati di Eccellenza, di giapponese se ne trova addirittura un terzo: stagione 2003-04, nella Pontevecchio allenata da Massimo Cocciari il centravanti si chiamava Keitaro Tayama e portò i rossoverdi sino alla finale di Coppa persa col Cannara. Fujikawa però vuole fare meglio: “Sarebbe bello cominciare una vera carriera partendo dall’Orvietana – conclude – intanto mi godo questa prima partita. Ho trovato un gruppo fantastico, mi hanno accolto subito bene, non mi trattano da straniero, ma come un italiano. Non ho dubbi, Orvieto è la mia seconda patria, voglio restare qui, adesso sto anche cercando un lavoro”. Cavalli e soci, per adesso, si accontenterebbero che riesca in quello del gol…

 

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