Non si gioca? I proprietari hanno sbarrato uffici e impianti? Tanto vale darsi da fare. L’arte di arrangiarsi non è più solo una prerogativa napoletana: ormai fa faville pure tra i cestisti della Nba, colpiti dal «lockout», la serrata sine die. Giudicati esosi dai padroni, visto che hanno rifiutato un contratto collettivo al ribasso (per risolvere il vero guaio: le paghe troppo alte delle mezze cartucce), i «pro» del parquet in realtà devono affrontare un dilemma più esistenziale che economico: tirare sera. Si può essere ricchi e si può pure oziare, ma alla fine sai che rottura… Avanti allora con la fantasia. A parte chi ha dato la disponibilità a club del proprio Paese e alle squadre nazionali, a parte coloro che pesano proposte «esotiche» (la Cina, bengodi emergente del basket, ci prova con Chris Paul e Carmelo Anthony), a parte montature mediatiche prive di vera sostanza (Kobe Bryant al Besiktas Istanbul, che peraltro ha già ingaggiato Deron Williams dei Nets? Ma va là…), a parte tutto questo, dicevamo, ci sono storie addirittura inimmaginabili. Così Andrew Bogut, «canguro» dei Milwaukee, si è riciclato come vice coach dell’Australia, mentre Ron Artest, asso dei Los Angeles Lakers e soggetto rissosissimo, è andato in Inghilterra perché tra ottobre e novembre girerà un film. La fantasia – pare – dovrà durare un bel po’. Gli aggiornamenti sul lockout sono infatti pessimi. Ieri le trattative sono riprese, ma sono state subito sospese: se ne riparlerà il 31 agosto.
Arrivano dunque altre settimane di stallo e si erode la speranza (flebile) che il campionato parta regolarmente in autunno. Quindi: scialuppe a mare. Kevin Eastman, primo assistente dei Celtics, ha disdetto la casa, non abitando a Boston; i Lakers hanno messo in stand by tutti gli scout; altri fior di professionisti cercano lavoro. Rischiano di dover trovare impiego e quattrini per un anno, perché non è vero che l’accordo trovato nel football – a sua volta in serrata – aiuterà. Tutt’altro. Nella Nba, sei padroni hanno pure squadre di hockey ghiaccio e ricordano che un lockout duro risanò la Nhl. Il più risoluto di loro, il patron dei San Antonio, aggiunge che ogni club introiterà 25 milioni di dollari anche se non si giocasse: dunque, l’occasione per mettere in candeggina i conti è ghiotta. «Al momento ogni previsione è azzardata, ma noi allenatori siamo nella “terra di mezzo” e ci sono consentite cose negate ai giocatori», dice Ettore Messina, che non immaginava di iniziare con uno stop l’avventura di vicario ai Lakers. A fine mese volerà in California, ma con un decalogo, fino a nuovo ordine: «Non posso commentare il lockout, non posso usare Twitter, non posso giudicare i giocatori e seguirli in allenamento. E se li incontro per strada, solo un ciao».
I cestisti oggi sono reietti e nemmeno scattano le prevenzioni, come i controlli antidroga: pertanto, qualcuno si sarebbe rimesso a sniffare. Nel frattempo, Jalen Rose, ex di varie squadre e oggi commentatore della Espn, il 27 luglio è entrato in prigione: aveva guidato ubriaco. Fatti di marzo, il lockout non c’entra un tubo, c’entrano invece sei Martini bevuti d’un fiato. In attesa che si riprenda a giocare, e che lui ritorni a commentare, Jalen saprà come tirare sera. In galera.
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