La promulgazione, tra il 1938 e il 1939, delle leggi razziali ha segnato l’inizio di uno dei periodi più strazianti del secolo scorso per il nostro paese. L’applicazione delle leggi razziali fu meticolosa e radicale. Dal Manifesto della razza alle espulsioni dall’Italia, dall’esclusione dalle scuole di professori e studenti ebrei, fino al divieto di matrimonio con individui non ariani: tante le misure restrittive e vessatorie che vennero introdotte in quegli anni dal regime fascista con lo scopo di discriminare ed isolare il ‘nemico d’Italia’.
Le misure che scaturirono dalle leggi razziali non risparmiarono nessuno, compresi sportivi ed atleti. ‘Storie di sport al tempo delle leggi razziali e del nazismo’ è un video-racconto (prodotto dalla Regione in collaborazione con Freetime Communication e coordinato dal giornalista sportivo Massimo Sandrelli) che narra, attraverso testimonianze e ricordi, le storie di sei personaggi del mondo dello sport che durante quegli anni furono costretti ad interrompere la propria carriera o a finire i propri giorni in un campo di concentramento.
La storia del triestino Massimo Della Pergola, giornalista sportivo, viene raccontata attraverso le parole del figlio Sergio. Nel 1938, redattore alla Gazzetta dello sport, venne espulso dall’albo dei giornalisti perchè ebreo ed internato in un campo di lavoro in Svizzera, dove ideò il Totocalcio. Nel dopoguerra fondò la Sisal ma presto la gestione del Totocalcio passò, in modo forzato e tra molte polemiche, al CONI.
Altra figura legata al giornalismo sportivo è quella di Lando Ferretti. Presidente del CONI tra il 1925 e il 1928, diventò capo ufficio stampa di Mussolini ed entrò nel Gran Consiglio del Fascismo. Nella veste di Commissario straordinario della FIGC nominò la commissione dalla quale scaturì la Carta di Viareggio, un documento destinato a trasformare in profondità l’ordinamento calcistico italiano. Nel 1939 ven ne espulso dal partito per la sua contrarietà alle leggi razziali e all’alleanza con i tedeschi. Un libro di Fausto Pettinelli e Giampiero Grassi ‘Lando Ferretti, il giornalista di Mussolini’ ne racconta la storia.
Il giornalista e scrittore Giampaolo Pansa, attraverso le pagine del suo libro ‘Il bambino che guardava le donne’, rievoca la figura di Raffaele Jaffe, professore e storico fondatore del Casale Calcio campione d’Italia nel 1914 e deceduto ad Auschwitz.
Sempre legato al calcio è il racconto della breve vita del fuoriclasse austriaco Matthias Sindelar. Centravanti della nazionale di calcio del proprio paese non volle indossare, dopo l’Anschluss, la maglia tedesca. Morì a Vienna nel 1939, a soli 36 anni, in circostanze poco chiare, insieme alla fidanzata italiana Camilla Castagnola, ebrea.
Infine due pugili sono i protagonisti di altrettante dolorose vicende. La prima è quella di Primo Lampronti, ferrarese, campione emiliano ch e dovette però rinunciare al titolo e trascorrere due anni in carcere a causa delle leggi razziali. Vinicio Ronchi, Bruna Lampronti e Raul Rimessi nel video raccontano la sua storia.
La seconda, che è anche quella che chiude il video, ripercorre il dramma di Leone Efrati, romano, soprannominato ‘Lelletto’. Nel 1938, a Chicago, lottò per il titolo mondiale dei pesi mosca; sei anni dopo, a soli 31 anni, trovò la morte ad Auschwitz Birkenau. Il ricordo di questo boxeur è affidato all’amico Alberto Sed, che lo accompagnò ad Auschwitz ed ebbe la fortuna di ritornare.
Matteo Marani, direttore del ‘Guerin Sportivo’ e autore del libro ‘Dallo scudetto ad Auschwitz’, che ricostruisce, attraverso un’accurata ricerca, la figura dell’allenatore ungherese Arpad Weisz, tre volte vincitore dello scudetto (1 con l’Inter e 2 col Bologna, «in realtà ne ha vinti 3 e mezzo, perchè anche nel 38-39 il Bologna che lui allenava, prima di ricevere il divieto di sedersi in panchina perchè ebreo, vinse il tricolore», precisa lo stesso Marani) e vittima delle leggi razziali. Di Weisz se ne sono perse le tracce per quasi 60 anni, prima che la curiosità di Marani lo portasse a ricostruirne la storia. Insieme alla famiglia, la moglie Elena e 2 figli, Clara e Roberto, nel gennaio ’39 viene costretto a lasciare l’Italia e a rifugiarsi prima a Parigi e successivamente in Olanda, a Dordrecht, dove torna ad allenare. Nel 1942 i rastrellamenti nazisti nell’Olanda occupata non li risparmiarono e vennero tutti deportati ad Auschwitz. La moglie e i due figli vennero uccisi subito. Lui sopravvisse un altro anno e mezzo, fino al 31 gennaio 1944.If youre starting the https://paperovernight.com year searching and pinning on pinterest, its important to stay organized
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