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Ci ha lasciati Enzo Bearzot

È morto Enzo Bearzot. Il mitico commissario tecnico campione del mondo in Spagna nel 1982. Aveva 83 anni. Friulano d’origine, era nato ad Aiello del Friuli il 27 settembre 1927, giocò da mediano anche nell’Inter, prima di allenare con Rocco, Fabbri e Bernardini. Alla guida della Nazionale dal 1975, conquistò il quarto posto ad Argentina ’78 e vinse il Mondiale quattro anni dopo. Prima di diventare allenatore della Nazionale è stato anche giocatore vestendo le maglie di Pro Gorizia, Inter, Catania e Torino.

LA CARRIERA – Bearzot ha collezionato anche una presenza in Nazionale da giocatore e in totale ha disputato 251 partite nella massima serie. Al termine della sua carriera da giocatore, nel 1964, iniziò l’apprendistato tecnico sulla panchina del Torino prima come preparatore dei portieri e poi da assistente di Nereo Rocco, poi di Fabbri e, successivamente, nella stagione 1968-1969, divenne allenatore del Prato (in serie C). Entrò ben presto nei quadri federali, inizialmente come allenatore delle giovanili (under 23 all’epoca) ma ben presto venne promosso ad assistente di Valcareggi nella Nazionale maggiore e quindi a vice del suo successore, Fulvio Bernardini. Nel 1975 è stato nominato commissario tecnico (condivise la panchina con Fulvio Bernardini fino al 1977). I primi importanti frutti del suo lavoro iniziarono a vedersi ai mondiali del 1978, terminato al quarto come l’Europeo casalingo del 1980.

Il miracolo avviene in Spagna nel 1982: nonostante una critica feroce da parte dei giornalisti (che lo portò a introdurre la novità del silenzio stampa), riuscì a portare la Nazionale sul tetto del mondo, grazie anche a una preparazione morale, basata sulla forza del gruppo, oltre che tecnica e grazie a giocatori come Cabrini, Zoff, Conti, Collovati, Scirea, Gentile, Bergomi, Oriali, Tardelli, Graziani, Rossi, Altobelli, Antognoni. Dopo il Mondiale vinto, non riuscì a qualificarsi all’Europeo successivo, dimettendosi dopo il deludente Mondiale 1986. Il «Vecio», soprannome con il quale era ormai famoso, non si riconosceva più in quel calcio in cui il denaro stava diventando l’elemento più importante. Detiene il record di panchine azzurre: 104, davanti alle 97 di Vittorio Pozzo.

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