Si è più volte dibattuto, a volte anche usando toni aspri e prese di posizione nette, sulla opportunità o meno di coinvolgere nelle prime squadre i giovani o giovanissimi locali. Da una parte c’è chi afferma che le squadre costruite in locale, con elementi del posto, riescono ad attirare maggiormente i consensi del pubblico, dall’altra si preferisce una crescita lenta e graduale dei vivai senza “vetrine” troppo frettolose. Durante la scorsa estate, in pieno mercato, si è parlato più volte dell’Orvieto Basket che, con una scelta coraggiosa, ma apparentemente impopolare, ha “preso” alcuni ragazzi cresciuti nel vivaio e già titolari nelle under per “gettarli” in prima squadra. Nella scorsa stagione, a dire il vero, il team orvietano aveva già tentato un esperimento simile con l’aggregazione in prima squadra di Mattia Cortelli e Giulio Negrotti, esperimento, a nostro dire, riuscito benissimo. Così Matteo Brunelli, Bernardo Ciriciofolo, Francesco Rosati, Laerte Frosinini, Simone Trinchitelli e Alessio Balestro fanno ora parte oltre che della formazione under anche della senior. Giusto? Sbagliato? Dipende … I risultati in campo mostrano questi ragazzi perfettamente a loro agio contro cestisti di lungo corso. La loro fresca e incontaminata voglia di far bene è una linfa vitale che contagia spesso i veterani che d’altra parte sono spinti a fare meglio proprio per la presenza di giovani in roster che a loro guardano per primi per attingere esperienza e tecnica. La “vetrina” però a cui questi ragazzi vanno inevitabilmente incontro va gestita da parte della società, dei genitori, dei coach, di tutto il contorno sociale del ragazzo, con grande senso di responsabilità. Bene quindi per loro il rifiuto di intervista da parte del direttore sportivo. Bene la ridotta esposizione mediatica. Il rischio di “bruciare” queste ali nate giovani è altissimo, e il coach meglio di tutti deve gestire la crescita dei ragazzi ancor prima dei loro risultati. Solo così la scelta coraggiosa di questa società che tanto si impegna nel mondo giovanile potrà dirsi giusta. Ma il basket non è il solo sport in cui si assiste ad un abbassamento potenzialmente preoccupante della soglia di età di debutto in prima squadra.
Anche nel calcio è sempre d’attualità la querelle se sia meglio schierare giovani del posto, che portano entusiasmo e interesse rischiando però di essere bruciati in caso di risultati negativi, piuttosto che andare a cercare altrove i protagonisti in campo. Stavolta l’Orvietana ha effettuato scelte coraggiose, promovendo in prima squadra diversi elementi costruiti in casa, prodotti dal proprio settore giovanile. Una scelta che inevitabilmente ha comportato un lungo periodo di rodaggio, che forse si sta finalmente esaurendo visti gli ultimi risultati. Simone Nulli è titolare da una stagione, ma anche Simone Pasquini, Lorenzo Frizzi, Michele Fattorini, Leonardo Crisanti hanno collezionato già un numero importante di presenze. E altri giovani come Luca Muccifori. Ettore Burchielli, Giovanni Lanzi e Marco Broccatelli sembrano essere in rampa di lancio verso l’esordio in Serie D. Poi non dimentichiamoci di chi non ha più l’età da settore giovanile, ma indossa la maglia biancorossa perché la sente sua per appartenenza territoriale: Leonardo Nuccioni, Mirko Chiasso e Valerio Ingrosso, quest’ultimo orvietano di adozione visto che a giocare a calcio ha imparato sotto la Rupe essendosi formato in anni di settore giovanile biancorosso.
Le scelte quindi delle società orvietane non sembrano andare in controtendenza rispetto a quelle nazionali o internazionali, vedi i giovanissimi campioni di golf o i baby campioni del calcio stellare con la differenza, una macro-differenza, che ad Orvieto attorno a queste grandi speranze non girano compensi favolosi, e per i nostri ragazzi fanno ancora differenza gli applausi o i fischi, pensiamoci …
SI TUTTA LA VITA… FARE GIOCARE GIOCATORI GIOVANI E DI TALENTO, VALORIZZARE LA GENTE DEL POSTO E NON PAGARE STIPENDI ASSURDI PER GENTE DI FUORI…. SI TUTTA LA VITA AI GIOVANI