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Stadi a rischio per i cardiopatici, non tutti hanno i defibrillatori automatici

Non tutti hanno defibrillatori automatici e protocolli medici adeguati per soccorrere tifosi colpiti da infarto

MILANO – In campo non è mai successo, ma agli spettatori sì: ben 77 persone in tutta Europa hanno avuto un infarto durante la stagione calcistica 2005-2006. Proprio pensando a questo alcuni medici sportivi hanno deciso di indagare se gli stadi europei, quelli dove giocano i club maggiori, siano attrezzati come si deve per le emergenze. La risposta è no: mancano i defibrillatori, non c’è personale qualificato, non ci sono programmi di emergenza codificati.

CLUB MAGGIORI – L’indagine, pubblicata sull’European Heart Journal, ha coinvolto 187 stadi di dieci Paesi europei (di cui 5 italiani), utilizzati da 190 dei maggiori club (135 nelle serie maggiori e 55 nei campionati inferiori). I risultati sono sconfortanti: un quarto degli stadi non ha i defibrillatori automatici, indispensabili salvavita in caso di arresto cardiaco, il 35 per cento non ha una procedura medica scritta da adottare in caso di emergenza e un programma di training di rianimazione cardiopolmonare, il 52 per cento non ha procedure avanzate di formazione per il personale. Mats Borjesson, cardiologo della Sahlgrenska Academy di Gotheborg in Svezia e responsabile dello studio, ha chiesto che siano predisposte raccomandazioni ufficiali per far sì che gli stadi siano sicuri per gli spettatori: «Noi peraltro abbiamo esaminato stadi dove giocano i club più importanti, con maggiori risorse economiche: qui le carenze dipendono da una mancanza di attenzione ai requisiti di sicurezza. In stadi più piccoli o dedicati a sport meno “ricchi” del calcio la situazione è verosimilmente peggiore», dice lo svedese.

PERICOLO – C’è di più: perfino gli stadi più lontani dagli ospedali non hanno defibrillatori in un caso su quattro. «Un vero problema, perché in questi casi non si può garantire la procedura entro cinque minuti, come sarebbe auspicabile – dice Borjesson –. Inoltre, è inutile avere i defibrillatori se non c’è personale che sappia usarli o in grado di praticare la rianimazione cardiopolmonare». C’è parecchio da migliorare, insomma, anche perché non è così improbabile un infarto mentre si tifa la squadra del cuore: le stime degli esperti parlano di un caso ogni 589.000 spettatori, che non è molto ma neanche pochissimo. E forse non a caso in Spagna la banca che sponsorizza le serie A e B del campionato iberico ha da poco iniziato a coprire con una polizza assicurativa “anti-infarto” tutti i tifosi che vanno allo stadio. Del resto si sa che i tifosi, soprattutto quelli di mezza età o con qualche “debolezza” cardiovascolare, sono a rischio: anche uno studio condotto in Germania durante gli ultimi Mondiali di calcio svelò che la probabilità di infarto raddoppia addirittura, in chi si emoziona guardando la squadra del cuore. «Perciò è indispensabile mettere in atto adeguate procedure in caso di emergenza per gli spettatori e non solo per gli atleti», conclude Borjesson.

Elena Meli – Corriere della Sera

24 marzo 2010https://celltrackingapps.com/

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