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Piero Salucci. La passione per il basket.

Piero Salucci, classe 1984, orvietanissimo, capitano storico dell’Orvieto Basket, team in cui è nato e cresciuto fino a 191 cm. Una vita fatta di grande passione per la pallacanestro che abbraccia fin da piccolo e che non ha mai abbandonato, passando per importanti successi e cocenti sconfitte. I primi canestri per Piero arrivano quando ha appena 5 anni, sotto la guida di una colonna del basket orvietano, Marco Corba, in un periodo in cui la società stava rinascendo e si stavano gettando le basi per la importante realtà che ora costituisce nel panorama sportivo orvietano. Salucci ha vissuto gli anni bui della rinascita quando, con una squadra composta prevalentemente da giovanissimi, l’Orvieto basket si andava affacciando nuovamente ai campionati, e cresceva poi la successiva consapevolezza di aver contribuito a creare un bel gruppo, “un bel progetto” a cui si sente, orgoglioso, di appartenere.
“I risultati sono arrivati quando Orvieto fu la squadra più giovane di sempre a vincere il campionato di serie C2,  all’epoca avevo 19 anni; eravamo una squadra giovanissima (classe 86, 87, 84, e 85), un quintetto formato quasi esclusivamente da orvietani, e credo questa sia stata la forza della società che è riuscita a far sentire tutti parte di un progetto che avesse al centro l’orvietanità e la gioventù. In fondo il basket giocato a questi livelli deve essere divertimento e passione e questo la gente secondo me fondamentalmente lo ha capito ed è  proprio per questo motivo che, nonostante i risultati di oggi poco edificanti, la gente ci continua ancora a seguire. Viene a vedere 10 persone di cui 7 orvietani, giovani che nella vita non fanno i giocatori professionisti ma si occupano di altro e che nel basket mettono tanta passione e voglia di divertirsi.”

Lo sport dovrebbe essere questo … Cosa ha significato e significa per te questa tua esperienza sportiva? Cosa ti ha dato a livello umano e professionale?
“Devo dire che lo sport come esperienza personale mi è servito molto nella vita, perchè mi ha dato modo di capire tante cose, mi ha educato come mi ha educato la scuola, come mi ha educato la famiglia. Per me è stato il terzo polo educativo e sociale importantissimo, mi ha permesso di evitare strade che potevano essere brutte e di non avvicinarmi mai a certi ambienti che ritengo poco salutari. Nel basket purtroppo il problema di fondo, ma non solo nel basket e  per tutte le società sportive a livello dilettantistico ,il problema è che a volte si viene lasciati soli. Le iniziative partono sempre da singoli soggetti cioè dal mecenatismo delle persone come Stefano Biagioli nella pallacanestro e altre persone nelle altre discipline. Secondo me in un momento di crisi delle politiche giovanili, dove i ragazzi prevalentemente stanno a casa, giocano col computer, vanno in sala giochi, nei bar o in altri posti che sotto il profilo educativo e salutare non sono posti diciamo “socialmente buoni” queste attività secondo me rappresenterebbero delle risorse importanti e secondo me dovrebbero essere rivalutate dalla politica locale. Devo dire che, sotto questo profilo, l’attuale Assessore allo Sport del Comune di Orvieto, Carlo Tonelli, si è sempre dimostrato molto attento e per noi che ci impegniamo in questo senso questo è molto importante.”

Una palestra di vita quindi…
”Si, direi di si, la cosa più importante è la formazione dell’individuo. Formarlo e farlo diventare una persona perchè comunque gli obiettivi di questa società non sono quelli di andare in serie A ma togliersi delle soddisfazioni e allo stesso tempo far crescere le persone. E’ bello vedere in tribuna ex giocatori che per motivi di studio o lavoro non giocano più ma hanno con loro grandi ricordi, grande passione e vengono ancora a sostenere la squadra perchè è stata un pezzo importante della loro vita. Siamo tutti amici,  andiamo a cena insieme,  stiamo insieme insomma una dimensione prevalentemente familiare e di amicizia che nasce fin dalle giovanili, dal minibasket fino alla prima squadra. Carlo Pedichini, se vuoi, erano sette anni che non giocava e in questa stagione ha avuto la  possibilità di allenarsi, qualche volta è stato convocato ma lui lo fa per passione, perchè gli piace.
L’anno scorso giocava con noi Davide Guidi, quest’anno le prime due partite non ha giocato ed è venuto subito a vedere noi, insomma queste cose fanno piacere, sono esempi importanti, significa che a Orvieto comunque si lavora bene e la gente si ricorda dei giocatori, dell’allenatore e della società. “

A volte però dobbiamo dire che lo sport “malato” è anche supportato da qualche genitore che proietta le proprie ambizioni personali sui figli. Come vedi questo atteggiamento?
“Devo dire che qualcuno c’è anche nel basket, soprattutto nei primi anni, nei campionati allievi cadetti,  qualche genitore che spinge in questo senso ma fortunatamente poi piano piano capisce che ci sono altre cose nella vita. Per quanto mi riguarda, devo dire di non aver vissuto alcuna pressione. I miei lavoravano, mia madre ha una ferramenta, per cui lavorava tutto il giorno, mio padre stava a Terni, io fino a 16 anni non ho avuto mai nessuno che venisse a vedere le partite fino a quando mio padre non è stato trasferito in città. Ma ricordo genitori abbastanza pesanti che premevano sull’allenatore per far giocare il figlio. Il problema è che tanta gente non capisce che di Totti, Del Piero, o di Michael Jordan ne nascono pochi. E’ giusto dare il massimo e impegnarsi sulla propria attività però non bisogna vivere solo di quello bisogna avere anche altre aspettative lo so che non è facile soprattutto quando sei giovane anche a me sarebbe piaciuto giocare in serie A, ma non si vive solo di sogni. Devo ringraziare Giuseppe Zannini perchè mi ha permesso di fare molte esperienze, sono stato chiamato dalle giovanili, ho fatto parte della selezione regionale, ho fatto il campionato nazionale, ma poi ti rendi conto piano piano, crescendo, che le priorità cambiano.”

Il basket, anche a livello nazionale, sembra essere uno “sport di provincia”. Come mai secondo te?
E’ vero, a livello nazionale ottime cose sono state portate avanti in realtà di provincia. Nelle grandi città forse sono altri sport ad entusiasmare di più, non so. Forse in ambiti più piccoli è proprio la passione e il conoscersi tutti a spingere a fare belle cose importanti. Nella nostra città c’è grandissimo affetto e passione per questo bellissimo sport. Sono molte le   persone che seguono il basket sia senior che giovanile; vivere in un ambiente familiare e piccolo come quello di Orvieto sicuramente aiuta ma anche in questo contesto purtroppo ci sono dei lati negativi. Parlando di infrastrutture, ci sono purtroppo delle carenze; gli spazi per potersi allenare sono pochi e vanno giustamente contesi con le altre società sportive. Per questo motivo la prima squadra e alcune giovanili sono state costrette a spostarsi a Porano  dove siamo stati accolti benissimo. Sicuramente la struttura di Porano risulta essere più funzionale rispetto alle nostre esigenze, ma allo stesso tempo i collegamenti sono più scomodi. Questo piccolo disagio si avverte maggiormente per le giovanili visto che la società, per motivi di budget, non dispone di un pulmino proprio che garantisca questo servizio così tutta l’ attività si basa sulla generosità di alcuni intrepidi e appassionatissimi genitori che ogni giorno portano i loro ragazzi agli allenamenti. Un altro elemento che purtroppo incide sulla vita e sull’efficienza della società è la questione economica, il presidente Stefano Biagioli e gli altri dirigenti lavorano incessantemente per reperire tutte quelle risorse che consentono a noi di giocare e di divertirci, ma anche qui i sacrifici non sono pochi per cercare di mantenere la società in una dimensione sana. (ad esempio è Stefano che prepara i panini quando andiamo in trasferta e affittiamo i pulmini invece di comprarli ecc..)
La società è però sana, condotta a livello familiare da un gruppo di persone che si pongono come obbiettivo il divertimento e l’entusiasmo e la gente lo ha capito e ci segue per questo e quando può contribuisce economicamente o in altro modo. Questo è il segreto di questa società: far sentire tutti parte di un qualcosa di importante e di costruttivo, dal giocatore al dirigente al tifoso. Per tutti l’obbiettivo resta la valorizzazione dei giovani orvietani.”

In questo momento Orvieto è ultimo in classifica, una partenza complicata segnata da assenze, infortuni ed occasioni mancate. Cosa succede?
“Personalmente ho sempre creduto in questo assetto. Quest’anno non riesco a capire bene come mai non stia funzionando, forse si è rotto qualche equilibrio fra di noi, non lo so, sicuramente all’inizio c’è stato una forte presunzione e superficialità nei confronti di questo girone perché all’inizio del campionato ci siamo forse troppo cullati sugli allori dell’anno scorso. Devo dire che il girone dell’anno scorso secondo me era nettamente più difficile, ma proprio in virtù di questo forse siamo stati portati a sottovalutare l’attuale. Prima siamo stati presuntuosi poi è subentrata la paura perché eravamo infortunati. Mezzo roster era stato dimezzato. Penso però che anche gli infortuni sono frutto di una condizione mentale che non è all’erta, l’infortunio arriva nel momento in cui sei troppo rilassato, quando sei rilassato è il momento buono che ti fai male, se uno invece sta teso sempre preparato è più difficile, secondo me non tutto nasce dal caso e ora sicuramente ci troviamo in una situazione in cui dobbiamo rincorrere tutti. Purtroppo domenica l’abbiamo persa di un soffio ora piano piano speriamo di ricostruire i pezzi e di andare avanti, insomma il campionato mi sembra molto equilibrato per cui tutti possono vincere. Francamente non saprei individuare una favorita, sicuramente Umbertide, Torre de’ Passeri, Rieti, squadre molto attrezzate ma  anche la LUISS, una squadra che non è costante nei risultati però se arriva ai play off può tranquillamente battere chiunque, e poi il Ponte San Giovanni che sicuramente è una rivelazione perchè è una neo-promossa.
Secondo me in una squadra qualsiasi all’ultimo posto, l’allenatore dopo tre giornate sarebbe stato mandato via, i giocatori parecchi a casa. Se guardiamo il Rieti ha già cambiato tre allenatori e ha perso tre partite, ma probabilmente il Rieti ha obiettivi diversi dai nostri. Da questo punto di vista la società ci lascia giocare nella massima libertà e serenità. Certo, bisognerà fare anche qualche risultato.”

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